domenica 18 dicembre 2011

TRE FAVOLE


Sarà che siamo in tempo di crisi - mi piace pensarlo che sia per questo - ma i film più belli ultimamente sono anche divertenti e parlano tutti della solidarietà attraverso l'amore. Raccontano, tutti, del sogno di un amore vero. Quasi tutti in forma di favola. Film diversissimi: Miracolo a Le Havre di Kaurismaki, Midnight in Paris di Allen e The Artist del poco conosciuto Hazanavicius. Sembra come se, in tempo di crisi, fosse confortante pensare ai migliori ammortizzatori sociali nella vita di ognuno, quelli a costo (economico) zero: l'amore e il sorriso, l'amore che fa sorridere, il sorriso frutto dell'amore, tutti ci trasportano nel sogno lontano dal grigio della realtà, che poi quando torniamo di nuovo si anima di colore. In tempo di pesantezza cosmica la leggerezza è quasi dovuta, anche quando l'argomento trattato ha peso specifico rilevante come in Miracolo a Le Havre.
Così mi sono goduta Kaurismaki fino alle lacrime, Allen mi ha sollevata mentre scivolavo giù, ma The Artist mi ha fatto, letteralmente, ballare. Un film che catapulta nel passato, che parla attraverso la musica, che usa il silenzio ASSOLUTO (quante volte, al cinema? mai), che ci fa sognare il muto e il musical e, ancora una volta, l'Amore con la A maiuscola. Che spinge a parlare in sala e costringe ad ascoltare chi parla (la musica non riesce a coprire le voci): così accanto a me una coppia continuava a commentare, raccontarsi e tentare di anticipare il film; avrei voluto dirgli "guardate che è un film muto!", ma poi ho pensato a quando il cinema era occasione sociale e con le pellicole si parlava, ho pensato che si accordava al film e ho lasciato perdere, immersa in un divertimento assoluto, puro.
La cosa sorprendente è che, alla fine, ti si muovono i piedi da soli, esci dal cinema ballando il tip tap e fai i gradini volando. Con passo di danza ho raggiunto la fermata del tram - sì, del tram, come si addice ai film di una volta - sono saltata sul predellino trascinando di lato una gamba a tempo di musica e ho attraversato il corridoio con schiocchi di tacco e punta.
Poi la vocina ha annunciato "Fermata Oberdan" e mi sono svegliata, le luci in sala si sono riaccese ed era quasi casa. Quasi.