martedì 15 ottobre 2013

Mense e ricordi

Stasera mio padre era in vena di chiacchiere. 

Invece del solito minuto e mezzo di ordinanza, parlando del tempo, stavolta la telefonata si è protratta ai cinque minuti: come stai, com'è andato il concerto a Torino, ma che, avete cantato canti funebri? No, papà, canti religiosi (mica gli posso dire sacri, che differenza fa?). Eh, e i canti religiosi tutti funebri sono, delle lagne, e se la ride. Penso da quali mai cromosomi siamo saltati fuori, io e i miei fratelli, dato che almeno per il cinquanta per cento sono suoi. E rido anch'io, perché lui fa apposta.

Da quando sono dirigente scolastico - anzi, scolastica, perché ho deciso, da che è diventato oggetto di messa all'indice, che sono femminista - ma meglio preside, va', che è più intimo, mi parla di scuola da vero esperto, che io in confronto a lui non so niente. Almeno, così riesce a dare a intendere.

E i libri, i libri di testo, come sei messa? ti sei attrezzata con i libri al computer? No, papà, non tutte le famiglie se lo possono permettere. Perché, sai - continua, imperterrito e atavicamente sordo interiore - mica tutte le famiglie se lo possono permettere. E poi, la mensa, come sei messa con la mensa? Certi Comuni non fanno mangiare i bambini, ma ti pare?, non è giusto umiliare un bambino, che vede gli altri mangiare e lui no, se lo ricorderà per sempre, sono cose che restano. Io, quando ero piccolo, in mensa un cretino mi ha preso per le orecchie e mi ha messo in castigo, perché avevo preso il posto migliore davanti al cesto della frutta e avevo in mano una grossa arancia. Che vuoi, al massimo mangiavamo pane e ceci. Papà, ma quanti anni avevi? Mah, sei mi pare. Questo cretino, E io che stupidamente sono rimasto in castigo tutto il tempo. Certo, penso, un bambino umiliato, a sei anni, cosa vuoi che faccia? Mi ha lasciato là tutto il tempo, 'sto cretino. E io me lo ricordo ancora. Non si umilia un bambino. Non ricordo niente di quando ero piccolo, eppure questo me lo ricordo bene. 
Ciao, va', ciao, buona notte.
Ciao papà, adesso me lo ricorderò anch'io.

E abbiamo chiuso.



venerdì 11 ottobre 2013

Incontri

Non so se tutta l'ombra attraversata
sia stata per permettere gli incontri
- se così fosse, comunque dolorosa.

Non so se sia un risarcimento
qualcuno - il fato o Dio, per chi ci crede -
si è accorto di un errore nel conteggio.

Non pago dei numeri, un angelo del cielo
- o folletto dei boschi, per chi ci crede -
ci ha trovati che brancolavamo.

Non per pietà ma amore di giustizia
pensò bene di cavarci dall'impiccio
incrociando le strade come nastri.

Noi due, numeri nel conteggio,
certo ne abbiamo fatto di percorso
nemmeno un tomo lo contiene intero.

Non so se l'incontro sia tappa o meta,
se sia regalo o spina, forte o piano
e, comunque, intanto che ti guardo, vivo.

Berlino, agosto 2013

martedì 8 ottobre 2013

Nemesi (omaggio a Philip Roth)

Essere, per la precisione
un pacco con destinatario sconosciuto
eternamente rispedito al mittente.

Essere, per la precisione
oro, ma il suono è di moneta falsa.
Di troppa felicità non si riesce a vivere.

"Hai bisogno di maggior precisione",
tra il nulla e il troppo vince il nulla,
come sempre e dappertutto, d'altronde.

La nemesi è il passato che torna,
smettere di aspettarlo è questione di sopravvivenza
ammesso che serva, sopravvivere.

Essere, per la precisione, stanchi
pensare troppo non serve, ora sono stanca, davvero
domani è un altro giorno, ci penserò domani.

E, per la precisione, domani arriva
e non sarà diverso da ieri, ier l'altro e il giorno prima:
il viaggio continua, anche senza timbro postale,

non c'è più spazio ormai, ognuno ha la sua nemesi
il suo eterno ritorno, il suo tras-loco, la sua ruota da criceto,
il suo sonno senza sogni, senza incubi, senza. E buona notte.

Alfred Rethel, Nemesi, 1837