domenica 3 agosto 2014

Bambini prodigio.

Racconto di una giovane Irene, che è già dentro alla sua scrittura matura.
Si gioca tutto sulle capacità evocativo-descrittive e di introspezione psicologica. Vediamo i luoghi che descrive - lo squallido ma vivo porto cittadino come la sorprendente natura della campagna russa, secondo la visione arcadica che l'autrice ha della natura in generale - e sentiamo ciò che prova Ismaele, e ravvisiamo in lui tanti altri giovani "geni" che abbiamo incontrato e che si sono persi nelle vie contorte o semplicemente complicate che la vita fa imboccare. Vittime, per lo più, degli altri più che di se stessi.
Ismaele non fa eccezione, e di tutti è lui che amiamo, alla fine, l'unico personaggio al cospetto del quale gli altri impallidiscono come figurine, lui che alla fine decide con coraggio e con l'irruenza di una vita ancora immatura.
Prefigura la scelta dell'autrice di non fuggire, come le viene proposto, alla vigilia della sua deportazione: "Non mi esilierò due volte", dirà, andando incontro, ahimè, all'esilio finale e senza ritorno.
Purtroppo per lei e per noi, che abbiamo perso la sua bella scrittura. E chissà, pensiamo allo stesso modo, cosa ne sarebbe stato del giovane Ismaele e dei suoi frutti futuri che mai vedranno la luce.

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